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Mercoledì, 24 Febbraio 2021 09:00

Rosario - marzo 2021

Pubblicato in LAICI ASSOCIATI (IT)
Sabato, 13 Febbraio 2021 17:40

La Salette e l’Ecologia

La Salette e l’Ecologia

Febbraio 2021

“La salvaguardia del creato fa parte della Nuova Evangelizzazione…”

“Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l’autore” (Sap 13,5)

Sia l’Antico che il Nuovo Testamento hanno un approccio positivo alla creazione. È positivo perché teocentrico. In effetti, la Bibbia Ebraica vede la creazione come un’icona ed espressione della grazia, regalità e bontà di Dio. Più di una volta la Scrittura testimonia questa verità: si vedano, ad esempio, i primi due capitoli del libro della Genesi o i numerosi Salmi che ci invitano a cantare la grandezza di Dio riflessa nella bellezza della creazione, o il libro della Sapienza che ci ricorda che l’intero universo parla dell’amore di Dio (“Attraverso la grandezza e la bellezza delle creature si arriva a conoscere per analogia il loro creatore” – Sap 13,5).

Se dall’Antico si passa al Nuovo Testamento, la centralità della creazione non viene meno. Nei Vangeli, Gesù svela il mistero del Regno di Dio attraverso immagini prese in prestito dalla creazione (Mt 13,31–32.33.47–50; Mc 4,26–29.30–34; Lc 13,18–19); insegna facendo riferimento al creato (Mt 13,24–30.36–43; Lc 8,4–8.11–15; 13,6–9); si riferisce agli uccelli del cielo e ai fiori dei campi per illustrare la presenza amorevole e premurosa del nostro Padre celeste verso l’umanità (Mt 6,25–34); usa la metafora della vite e dei tralci (Gv 15,1–6), o quella del “buon pastore” (Gv 10,11–18) per dire qualcosa di se stesso. E nelle sue lettere, San Paolo, più di una volta, parla della creazione come modo per sperimentare il mistero del Dio invisibile.

A differenza della filosofia Greca Antica, la mente biblica ha un approccio positivo verso la creazione; afferma che la materia conta. Fondamentalmente, la Bibbia riconosce il mondo creato come un giardino-casa che Dio ha preparato per tutti noi. I primi due capitoli del libro della Genesi sono molto chiari nei due punti seguenti: 1) lungi dall’essere di nostra proprietà, la creazione è percepita come un dono di Dio e 2) la vocazione radicale di ognuno di noi è quella di prendersi cura e amministrarla con saggezza, rispetto e gratitudine. A ognuno di noi è affidata la responsabilità di preservare il creato, comprese le sue risorse, con cura e amore.

A La Salette il creato non è assente. Pienamente in linea con la Bibbia, la Bella Signora lo include nel suo messaggio, sottolineando la stretta correlazione tra discepolato, conversione e creazione. A La Salette, Maria ci ricorda che il modo con cui ci rapportiamo alla creazione riflette il tipo di relazione che abbiamo con il nostro Creatore. Potremmo così dire che la nostra ecologia riflette la nostra teologia!

Un tale approccio ha conseguenze etiche e pratiche. Essere discepoli di Gesù di Nazareth e discepoli di sua Madre significa anche essere uomini e donne che valorizzano il dono della creazione, educano gli altri su come accostarla con gratitudine, meraviglia, e come segno della costante provvidenza di Dio. In altre parole, la salvaguardia del creato fa parte della Nuova Evangelizzazione. E poiché, secondo Papa Francesco, siamo al tempo stesso missionari-discepoli, cioè persone che sono chiamate ad essere evangelizzate e ad evangelizzare, la salvaguardia del creato non è un’opzione che possiamo o non possiamo includere nella nostra opera di evangelizzazione. Così come la creazione è stata presente nell’insegnamento e nel ministero di Gesù, così dovrebbe essere parte integrante della nostra Nuova Evangelizzazione, come ci ricorda con insistenza Papa Francesco nella Lettera Apostolica del 24 maggio 2015, Laudato si’.

La nostra responsabilità sul creato

“Se si convertono, le pietre e le rocce si tramuteranno in mucchi di grano e le patate nasceranno da sole nei campi…”.Abbiamo qui il requisito dell’armonia sul pianeta terra da parte di Dio. Sono parole con cui l’uomo si confronterà tenendo presente il suo preponderante ruolo di dominare la terra, missione ricevuta in quel veemente appello primordiale: “Domina la terra” (Gen 1–11).

A La Salette, la Madre delle lacrime ci ricorda la responsabilità che abbiamo davanti a tutto il creato. La conversione dell’uomo fa la differenza, perché porta sulla terra il favore di Dio, ed è la pietra miliare fondamentale per la terra recuperare la sua fertilità, ripristinare l’armonia tra gli animali e l’uomo e costruire una nuova storia di amicizia tra Dio e l’uomo.

Come si può capire, l’ecologia è legata all’etica, e nel nostro caso non è irragionevole parlare di etica cristiana. Questo sotto il manto dell’ecologia vede nella protezione della biodiversità la salvezza dell’umanità stessa. Il messaggio di La Salette, insistendo sulla chiamata alla conversione e, in questo caso, facendo menzione delle patate e del grano che viene rovinato, lancia una sfida per tenere a mente la coscienza ecologica che porta l’uomo a una riscoperta francescana che l’essere umano fa parte della fauna e viene inserito nella creazione come parte di essa.

È vero che il buon progresso del mondo dipende principalmente dal valore spirituale dell’umanità. Lo stato d’animo dell’uomo influenza naturalmente quest’universo ad orientarsi verso Dio o a condannare, cioè la sua distruzione. A proposito, san Paolo parla dei gemiti della creazione (Rm 8,19–33) perché l’uomo ha perso il controllo del grande comandamento che ha ricevuto da Dio, di prendersi cura della terra. A causa della paura di voler camminare senza Dio, la natura è andata in convulsione: tempeste travolgenti, inondazioni gigantesche, terremoti devastanti e tsunami, desertificazione devastante di molte regioni, specialmente in Africa a sud del Sahara.

Le parole di nostro Signore Gesù Cristo sono lapidarie quando dice: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Per questo, per Papa Francesco, nella sua grande riflessione nell’enciclica Laudato si’, si presenta anche come una preoccupazione ecologica per trattare l’essere umano e la cultura dell’uomo.

“Arriverà una grande fame”. La fame è una preoccupazione per la Madre che intercede per il destino dell’umanità. La fame è anche, per così dire, un problema ecologico, poiché sbilancia il tessuto sociale. Ma è certo che la sua radice più profonda è il peccato sociale come negazione dell’altro come una cena alla festa del bene comune. Pertanto, più che diagnosticare la necessità di una protezione ambientale, è necessario accettare la sfida della conversione a Cristo perché è questo che favorirà il cambiamento socioculturale, la lotta permanente contro i problemi sociali che opprimono i popoli, i popoli e le società.

Maria – la Regina di tutto il Creato

Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ (n. 241) dice: «Maria, la madre che ebbe cura di Gesù, ora si prende cura con affetto e dolore materno di questo mondo ferito. Così come pianse con il cuore trafitto la morte di Gesù, ora ha compassione della sofferenza dei poveri crocifissi e delle creature di questo mondo sterminate dal potere umano. Ella vive con Gesù completamente trasfigurata, e tutte le creature cantano la sua bellezza. È la Donna “vestita di sole, con la luna sotto i piedi e una corona di dodici stelle sul suo capo” (Ap 12,1). Elevata al cielo, è Madre e Regina di tutto il creato. Nel suo corpo glorificato, insieme a Cristo risorto, parte della creazione, ha raggiunto tutta la pienezza della sua bellezza. Lei non solo conserva nel suo cuore tutta la vita di Gesù, che “custodiva” con cura (cfr. Lc 2,19.51), ma ora comprende anche il senso di tutte le cose. Perciò possiamo chiederle che ci aiuti a guardare questo mondo con occhi più sapienti».

La Bella Signora sul monte La Salette esprime proprio quella cura, quando pone delle domande, alcune delle quali sono retoriche: “Da quanto tempo io soffro per voi?”; “Voi non capite il francese?”; altre sono rivolte ai bambini: “Voi non capite questo?”; “Voi pregate bene?”; “Non avete mai visto del grano guasto?”; e infine una domanda diretta a Massimino: “Ma tu, bambino mio, devi averlo [grano guasto] visto?”. Tutte queste domande le pone Colei che conosce perfettamente il destino dell’uomo sulla terra. Lei sa come sia difficile essere riconciliati con il mondo colpito dal peccato dell’uomo.

Non sappiamo di sicuro come questo avvenga, ma nel Cielo Maria si prende cura di noi sull’esempio del Padre Eterno – santo e perfettissimo. Si può stare in cielo ed essere personalmente felici, ma non è possibile non preoccuparsi affatto del destino di quelli che stanno ancora sulla terra. Il Dio Incarnato, la Sua Madre e tutti i Santi conoscono l’esperienza della vita sulla terra e sanno che si deve costantemente lottare per la salvezza eterna, contrastando il male.

Possiamo anche supporre che la Madonna incessantemente interceda per noi davanti al trono di Dio, affinché Egli non cessi di avere pietà di noi. Ella incessantemente chiede al Figlio di misurare il rimedio della grazia, affinché noi non disperiamo e non ci scoraggiamo. Ella sa che il Figlio non vuole punire nessuno, ma Gli chiede di comportarsi affettuosamente con noi che siamo tanto restii a convertirci, perché inconsapevoli di quei beni che Gesù ha promesso. Le apparizioni di Maria sulla terra sono un esempio della grande cura della Madre per tutti i suoi figli – fratelli e sorelle del Suo Figlio Gesù. Lei viene – probabilmente dopo le ardenti preghiere rivolte a Dio – per farci aderire a Lui. L’atteggiamento di Dio, lo possiamo sintetizzare in una frase tratta dalla parabola del ricco e Lazzaro: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi” (Lc 16,31). Però Maria fa un’eccezione: Lei non è morta, Lei è stata assunta in Cielo!

Forse per questo Lei ha il diritto e il permesso da Dio di venire a noi e invitarci a perseverare nel vivere il Regno di Dio già qui, sulla terra, malgrado l’esistenza del peccato e del male.

Flavio Gilio MS

Eusébio Kangupe MS

Karol Porczak MS

Pubblicato in MISSIONE (IT)
Sabato, 13 Febbraio 2021 14:15

Riflessione - Febbraio 2021

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La Salette e l’Ecologia

Febbraio 2021

“La salvaguardia del creato fa parte della Nuova Evangelizzazione…”

“Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l’autore” (Sap 13,5)

Sia l’Antico che il Nuovo Testamento hanno un approccio positivo alla creazione. È positivo perché teocentrico. In effetti, la Bibbia Ebraica vede la creazione come un’icona ed espressione della grazia, regalità e bontà di Dio. Più di una volta la Scrittura testimonia questa verità: si vedano, ad esempio, i primi due capitoli del libro della Genesi o i numerosi Salmi che ci invitano a cantare la grandezza di Dio riflessa nella bellezza della creazione, o il libro della Sapienza che ci ricorda che l’intero universo parla dell’amore di Dio (“Attraverso la grandezza e la bellezza delle creature si arriva a conoscere per analogia il loro creatore” – Sap 13,5).

Se dall’Antico si passa al Nuovo Testamento, la centralità della creazione non viene meno. Nei Vangeli, Gesù svela il mistero del Regno di Dio attraverso immagini prese in prestito dalla creazione (Mt 13,31–32.33.47–50; Mc 4,26–29.30–34; Lc 13,18–19); insegna facendo riferimento al creato (Mt 13,24–30.36–43; Lc 8,4–8.11–15; 13,6–9); si riferisce agli uccelli del cielo e ai fiori dei campi per illustrare la presenza amorevole e premurosa del nostro Padre celeste verso l’umanità (Mt 6,25–34); usa la metafora della vite e dei tralci (Gv 15,1–6), o quella del “buon pastore” (Gv 10,11–18) per dire qualcosa di se stesso. E nelle sue lettere, San Paolo, più di una volta, parla della creazione come modo per sperimentare il mistero del Dio invisibile.

A differenza della filosofia Greca Antica, la mente biblica ha un approccio positivo verso la creazione; afferma che la materia conta. Fondamentalmente, la Bibbia riconosce il mondo creato come un giardino-casa che Dio ha preparato per tutti noi. I primi due capitoli del libro della Genesi sono molto chiari nei due punti seguenti: 1) lungi dall’essere di nostra proprietà, la creazione è percepita come un dono di Dio e 2) la vocazione radicale di ognuno di noi è quella di prendersi cura e amministrarla con saggezza, rispetto e gratitudine. A ognuno di noi è affidata la responsabilità di preservare il creato, comprese le sue risorse, con cura e amore.

A La Salette il creato non è assente. Pienamente in linea con la Bibbia, la Bella Signora lo include nel suo messaggio, sottolineando la stretta correlazione tra discepolato, conversione e creazione. A La Salette, Maria ci ricorda che il modo con cui ci rapportiamo alla creazione riflette il tipo di relazione che abbiamo con il nostro Creatore. Potremmo così dire che la nostra ecologia riflette la nostra teologia!

Un tale approccio ha conseguenze etiche e pratiche. Essere discepoli di Gesù di Nazareth e discepoli di sua Madre significa anche essere uomini e donne che valorizzano il dono della creazione, educano gli altri su come accostarla con gratitudine, meraviglia, e come segno della costante provvidenza di Dio. In altre parole, la salvaguardia del creato fa parte della Nuova Evangelizzazione. E poiché, secondo Papa Francesco, siamo al tempo stesso missionari-discepoli, cioè persone che sono chiamate ad essere evangelizzate e ad evangelizzare, la salvaguardia del creato non è un’opzione che possiamo o non possiamo includere nella nostra opera di evangelizzazione. Così come la creazione è stata presente nell’insegnamento e nel ministero di Gesù, così dovrebbe essere parte integrante della nostra Nuova Evangelizzazione, come ci ricorda con insistenza Papa Francesco nella Lettera Apostolica del 24 maggio 2015, Laudato si’.

La nostra responsabilità sul creato

“Se si convertono, le pietre e le rocce si tramuteranno in mucchi di grano e le patate nasceranno da sole nei campi…”.Abbiamo qui il requisito dell’armonia sul pianeta terra da parte di Dio. Sono parole con cui l’uomo si confronterà tenendo presente il suo preponderante ruolo di dominare la terra, missione ricevuta in quel veemente appello primordiale: “Domina la terra” (Gen 1–11).

A La Salette, la Madre delle lacrime ci ricorda la responsabilità che abbiamo davanti a tutto il creato. La conversione dell’uomo fa la differenza, perché porta sulla terra il favore di Dio, ed è la pietra miliare fondamentale per la terra recuperare la sua fertilità, ripristinare l’armonia tra gli animali e l’uomo e costruire una nuova storia di amicizia tra Dio e l’uomo.

Come si può capire, l’ecologia è legata all’etica, e nel nostro caso non è irragionevole parlare di etica cristiana. Questo sotto il manto dell’ecologia vede nella protezione della biodiversità la salvezza dell’umanità stessa. Il messaggio di La Salette, insistendo sulla chiamata alla conversione e, in questo caso, facendo menzione delle patate e del grano che viene rovinato, lancia una sfida per tenere a mente la coscienza ecologica che porta l’uomo a una riscoperta francescana che l’essere umano fa parte della fauna e viene inserito nella creazione come parte di essa.

È vero che il buon progresso del mondo dipende principalmente dal valore spirituale dell’umanità. Lo stato d’animo dell’uomo influenza naturalmente quest’universo ad orientarsi verso Dio o a condannare, cioè la sua distruzione. A proposito, san Paolo parla dei gemiti della creazione (Rm 8,19–33) perché l’uomo ha perso il controllo del grande comandamento che ha ricevuto da Dio, di prendersi cura della terra. A causa della paura di voler camminare senza Dio, la natura è andata in convulsione: tempeste travolgenti, inondazioni gigantesche, terremoti devastanti e tsunami, desertificazione devastante di molte regioni, specialmente in Africa a sud del Sahara.

Le parole di nostro Signore Gesù Cristo sono lapidarie quando dice: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Per questo, per Papa Francesco, nella sua grande riflessione nell’enciclica Laudato si’, si presenta anche come una preoccupazione ecologica per trattare l’essere umano e la cultura dell’uomo.

“Arriverà una grande fame”. La fame è una preoccupazione per la Madre che intercede per il destino dell’umanità. La fame è anche, per così dire, un problema ecologico, poiché sbilancia il tessuto sociale. Ma è certo che la sua radice più profonda è il peccato sociale come negazione dell’altro come una cena alla festa del bene comune. Pertanto, più che diagnosticare la necessità di una protezione ambientale, è necessario accettare la sfida della conversione a Cristo perché è questo che favorirà il cambiamento socioculturale, la lotta permanente contro i problemi sociali che opprimono i popoli, i popoli e le società.

Maria – la Regina di tutto il Creato

Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ (n. 241) dice: «Maria, la madre che ebbe cura di Gesù, ora si prende cura con affetto e dolore materno di questo mondo ferito. Così come pianse con il cuore trafitto la morte di Gesù, ora ha compassione della sofferenza dei poveri crocifissi e delle creature di questo mondo sterminate dal potere umano. Ella vive con Gesù completamente trasfigurata, e tutte le creature cantano la sua bellezza. È la Donna “vestita di sole, con la luna sotto i piedi e una corona di dodici stelle sul suo capo” (Ap 12,1). Elevata al cielo, è Madre e Regina di tutto il creato. Nel suo corpo glorificato, insieme a Cristo risorto, parte della creazione, ha raggiunto tutta la pienezza della sua bellezza. Lei non solo conserva nel suo cuore tutta la vita di Gesù, che “custodiva” con cura (cfr. Lc 2,19.51), ma ora comprende anche il senso di tutte le cose. Perciò possiamo chiederle che ci aiuti a guardare questo mondo con occhi più sapienti».

La Bella Signora sul monte La Salette esprime proprio quella cura, quando pone delle domande, alcune delle quali sono retoriche: “Da quanto tempo io soffro per voi?”; “Voi non capite il francese?”; altre sono rivolte ai bambini: “Voi non capite questo?”; “Voi pregate bene?”; “Non avete mai visto del grano guasto?”; e infine una domanda diretta a Massimino: “Ma tu, bambino mio, devi averlo [grano guasto] visto?”. Tutte queste domande le pone Colei che conosce perfettamente il destino dell’uomo sulla terra. Lei sa come sia difficile essere riconciliati con il mondo colpito dal peccato dell’uomo.

Non sappiamo di sicuro come questo avvenga, ma nel Cielo Maria si prende cura di noi sull’esempio del Padre Eterno – santo e perfettissimo. Si può stare in cielo ed essere personalmente felici, ma non è possibile non preoccuparsi affatto del destino di quelli che stanno ancora sulla terra. Il Dio Incarnato, la Sua Madre e tutti i Santi conoscono l’esperienza della vita sulla terra e sanno che si deve costantemente lottare per la salvezza eterna, contrastando il male.

Possiamo anche supporre che la Madonna incessantemente interceda per noi davanti al trono di Dio, affinché Egli non cessi di avere pietà di noi. Ella incessantemente chiede al Figlio di misurare il rimedio della grazia, affinché noi non disperiamo e non ci scoraggiamo. Ella sa che il Figlio non vuole punire nessuno, ma Gli chiede di comportarsi affettuosamente con noi che siamo tanto restii a convertirci, perché inconsapevoli di quei beni che Gesù ha promesso. Le apparizioni di Maria sulla terra sono un esempio della grande cura della Madre per tutti i suoi figli – fratelli e sorelle del Suo Figlio Gesù. Lei viene – probabilmente dopo le ardenti preghiere rivolte a Dio – per farci aderire a Lui. L’atteggiamento di Dio, lo possiamo sintetizzare in una frase tratta dalla parabola del ricco e Lazzaro: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi” (Lc 16,31). Però Maria fa un’eccezione: Lei non è morta, Lei è stata assunta in Cielo!

Forse per questo Lei ha il diritto e il permesso da Dio di venire a noi e invitarci a perseverare nel vivere il Regno di Dio già qui, sulla terra, malgrado l’esistenza del peccato e del male.

Flavio Gilio MS

Eusébio Kangupe MS

Karol Porczak MS

Pubblicato in INFO (IT)

Settimo giorno – il cammino verso la giustizia

Gennaio 2021

Domenica – dono di Dio a tutta l’umanità

Messaggio di Maria: “Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo e non me lo volete concedere”.

Maria non parla da sola o a se stessa, lo fa partecipando alla missione di suo Figlio, Redentore del mondo. Come Serva del Signore, Maria utilizza le parole che esprimono la volontà di Dio di voler vedere gli uomini prendere sul serio i loro doveri di culto e adorazione del suo nome. Quando parla di sei giorni, ci ricorda la nostra missione di partecipare all’azione creativa attraverso il lavoro. Maria ci ricorda che il settimo giorno appartiene a Dio. Il settimo giorno che Maria ci ricorda non è quello degli ebrei che celebrano il ​​sabato, come affermato nel Pentateuco, ma la domenica, il giorno in cui il Signore ha voluto liberarci dalle battute d’arresto del lavoro, dal circolo vizioso della produzione e del consumismo, per renderci consapevoli che siamo persone libere, dotate di una libertà che è il dono di Dio. Il settimo giorno diventa un giorno di giustizia. Ricordiamo che il termine “giustizia” appare nella Bibbia in contesti diversi e con sfumature che ne indicano di volta in volta un significato. Nel Libro della Genesi (Gn 15,6), troviamo il passaggio in cui si dice che Abramo “credette nel Signore, che lo accreditò come giustizia”. 

“Giustizia” è la parola che nella predicazione dei profeti esprime in modo più significativo gli atteggiamenti dell’uomo chiamato alla solidarietà responsabile e alla condivisione fraterna nei confronti di coloro che, nella società di oggi, sono emarginati, deboli, prigionieri, indifesi e stranieri. Gesù dichiara la felicità di coloro che sostengono la giustizia: “Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia” (Mt 5,6). L’uomo diventa giusto dal momento in cui si rende disponibile a Dio ascoltando e osservando la parola proprio come accadde con i profeti, con Maria e con Giuseppe, il suo castissimo sposo, che nel Vangelo di San Matteo è chiamato “uomo giusto” (1,19). Facendo appello per il settimo giorno, Maria ci ricorda che siamo “i suoi figli in Cristo”; ci rivela l’unione intima della Madre con il Figlio, la partecipazione alla sua regalità; ci mostra che questo è il giorno della nostra giustizia davanti a Dio perché ci riuniamo per ascoltare la parola e per spezzare il pane (Atti 20,7-12). Maria ci chiede oggi più che mai di tornare alla sottomissione a suo figlio. Non sottomettersi a Cristo, dice la Madre in lacrime, “è ciò che rende pesante il braccio di mio Figlio”. 

Il creato: dono per lavorare, contemplare e gioire 

Quando Dio creava il mondo, nei primi tre giorni chiamava all’esistenza gli ambienti cosmici e terreni. Poi, negli altri tre giorni, adornava questi ambienti, terminando il sesto giorno con la creazione dell’uomo: maschio e femmina. Nel settimo giorno riposò. Questo, però, non era un riposo di Dio che si era stancato con l’opera della creazione, bensì era il riposo di Dio che voleva godersi le meraviglie che aveva creato. Alla creazione si possono attribuire tutte le qualità trascendenti individuate da San Tommaso (la bellezza, la bontà e la verità): l’Universo e la Terra sono bellissimi, verissimi e perfettamente armonizzati.

E se i giorni della creazione indicano le tappe del tempo, non necessariamente di 24 ore ciascuno, allora l’ultimo giorno – la settima tappa – può durare fino alla fine del mondo. Perché c’è tanto da ammirare!

In questo contesto affiora la parola della Bella Signora nel Messaggio: “Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo e non me lo volete concedere”. Se interpretiamo questo rimprovero da parte di Maria nel contesto del riposo, inteso come ammirazione, allora sarebbe giusto rievocare qui quel canto di lode che Ella ha cantato per le meraviglie di Dio compiute nella sua vita, il Magnificat: “L’anima mia magnifica il Signore, perché grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”.

Sarebbe molto ingiusto, se noi considerassimo quel giorno soltanto come l’obbligo di partecipare alla Santa Messa domenicale. Dimentichiamo così che questo è il giorno della gioia riconoscente, condivisa con Dio nell’ammirazione della settimana passata, dell’esistenza del mondo di Dio e della nostra partecipazione in quel tempo. In virtù della grazia di Gesù siamo in grado di respingere la funesta impressione che la vita sia brutta e piena di fatiche a causa dai nostri peccati, nonché possiamo contemplare e ammirare la bellezza, la bontà e la verità che abbiamo sperimentato nei sei giorni passati.

Dio continua a fare “grandi cose” nella vita quotidiana di ciascuno di noi. Se non intravediamo quell’aspetto della nostra vita sulla Terra, allora non conosceremo neanche il motivo della nostra partecipazione alla Santa Messa domenicale.

Maria che era andata da Elisabetta per condividere la gioia della concezione del Figlio di Dio, vuole anche condividere la stessa gioia con ciascuno di noi. Vuole aiutarci a cantare con gioia come figli di Dio, consapevoli della verità, della bontà e della bellezza che provengono da Dio.

Cominciamo, quindi, a riposare nell’ammirazione del Dio misericordioso, il quale non si scoraggia per il fatto che noi continuiamo a non sapere come comportarci la domenica. Seguiamo l’esempio di Maria e in ogni Eucaristia domenicale, insieme a Lei, rendiamo omaggio a Dio, che Gli è giustamente dovuto.

Eusébio Kangupe MS

Karol Porczak MS

Pubblicato in MISSIONE (IT)
Sabato, 13 Febbraio 2021 08:41

Riflessione - Gennaio 2021

 

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Settimo giorno – il cammino verso la giustizia

Gennaio 2021

Domenica – dono di Dio a tutta l’umanità

Messaggio di Maria: “Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo e non me lo volete concedere”.

Maria non parla da sola o a se stessa, lo fa partecipando alla missione di suo Figlio, Redentore del mondo. Come Serva del Signore, Maria utilizza le parole che esprimono la volontà di Dio di voler vedere gli uomini prendere sul serio i loro doveri di culto e adorazione del suo nome. Quando parla di sei giorni, ci ricorda la nostra missione di partecipare all’azione creativa attraverso il lavoro. Maria ci ricorda che il settimo giorno appartiene a Dio. Il settimo giorno che Maria ci ricorda non è quello degli ebrei che celebrano il ​​sabato, come affermato nel Pentateuco, ma la domenica, il giorno in cui il Signore ha voluto liberarci dalle battute d’arresto del lavoro, dal circolo vizioso della produzione e del consumismo, per renderci consapevoli che siamo persone libere, dotate di una libertà che è il dono di Dio. Il settimo giorno diventa un giorno di giustizia. Ricordiamo che il termine “giustizia” appare nella Bibbia in contesti diversi e con sfumature che ne indicano di volta in volta un significato. Nel Libro della Genesi (Gn 15,6), troviamo il passaggio in cui si dice che Abramo “credette nel Signore, che lo accreditò come giustizia”. 

“Giustizia” è la parola che nella predicazione dei profeti esprime in modo più significativo gli atteggiamenti dell’uomo chiamato alla solidarietà responsabile e alla condivisione fraterna nei confronti di coloro che, nella società di oggi, sono emarginati, deboli, prigionieri, indifesi e stranieri. Gesù dichiara la felicità di coloro che sostengono la giustizia: “Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia” (Mt 5,6). L’uomo diventa giusto dal momento in cui si rende disponibile a Dio ascoltando e osservando la parola proprio come accadde con i profeti, con Maria e con Giuseppe, il suo castissimo sposo, che nel Vangelo di San Matteo è chiamato “uomo giusto” (1,19). Facendo appello per il settimo giorno, Maria ci ricorda che siamo “i suoi figli in Cristo”; ci rivela l’unione intima della Madre con il Figlio, la partecipazione alla sua regalità; ci mostra che questo è il giorno della nostra giustizia davanti a Dio perché ci riuniamo per ascoltare la parola e per spezzare il pane (Atti 20,7-12). Maria ci chiede oggi più che mai di tornare alla sottomissione a suo figlio. Non sottomettersi a Cristo, dice la Madre in lacrime, “è ciò che rende pesante il braccio di mio Figlio”. 

Il creato: dono per lavorare, contemplare e gioire 

Quando Dio creava il mondo, nei primi tre giorni chiamava all’esistenza gli ambienti cosmici e terreni. Poi, negli altri tre giorni, adornava questi ambienti, terminando il sesto giorno con la creazione dell’uomo: maschio e femmina. Nel settimo giorno riposò. Questo, però, non era un riposo di Dio che si era stancato con l’opera della creazione, bensì era il riposo di Dio che voleva godersi le meraviglie che aveva creato. Alla creazione si possono attribuire tutte le qualità trascendenti individuate da San Tommaso (la bellezza, la bontà e la verità): l’Universo e la Terra sono bellissimi, verissimi e perfettamente armonizzati.

E se i giorni della creazione indicano le tappe del tempo, non necessariamente di 24 ore ciascuno, allora l’ultimo giorno – la settima tappa – può durare fino alla fine del mondo. Perché c’è tanto da ammirare!

In questo contesto affiora la parola della Bella Signora nel Messaggio: “Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo e non me lo volete concedere”. Se interpretiamo questo rimprovero da parte di Maria nel contesto del riposo, inteso come ammirazione, allora sarebbe giusto rievocare qui quel canto di lode che Ella ha cantato per le meraviglie di Dio compiute nella sua vita, il Magnificat: “L’anima mia magnifica il Signore, perché grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”.

Sarebbe molto ingiusto, se noi considerassimo quel giorno soltanto come l’obbligo di partecipare alla Santa Messa domenicale. Dimentichiamo così che questo è il giorno della gioia riconoscente, condivisa con Dio nell’ammirazione della settimana passata, dell’esistenza del mondo di Dio e della nostra partecipazione in quel tempo. In virtù della grazia di Gesù siamo in grado di respingere la funesta impressione che la vita sia brutta e piena di fatiche a causa dai nostri peccati, nonché possiamo contemplare e ammirare la bellezza, la bontà e la verità che abbiamo sperimentato nei sei giorni passati.

Dio continua a fare “grandi cose” nella vita quotidiana di ciascuno di noi. Se non intravediamo quell’aspetto della nostra vita sulla Terra, allora non conosceremo neanche il motivo della nostra partecipazione alla Santa Messa domenicale.

Maria che era andata da Elisabetta per condividere la gioia della concezione del Figlio di Dio, vuole anche condividere la stessa gioia con ciascuno di noi. Vuole aiutarci a cantare con gioia come figli di Dio, consapevoli della verità, della bontà e della bellezza che provengono da Dio.

Cominciamo, quindi, a riposare nell’ammirazione del Dio misericordioso, il quale non si scoraggia per il fatto che noi continuiamo a non sapere come comportarci la domenica. Seguiamo l’esempio di Maria e in ogni Eucaristia domenicale, insieme a Lei, rendiamo omaggio a Dio, che Gli è giustamente dovuto.

Eusébio Kangupe MS

Karol Porczak MS

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