Articoli filtrati per data: Ottobre 2020

Martedì, 27 Ottobre 2020 16:01

La Salette – quale volto di Dio?

La Salette – quale volto di Dio?

Ottobre 2020

Il volto Paterno di Dio…

La domanda che introduce alla nuova sezione è, dal punto di vista della Bibbia, paradossale. Paradossale perché, da un lato, l’interrogativo esprime l’innato anelito umano al trascendente, a una relazione con il divino, alla ricerca di Dio (vedi per esempio Am 5,4 e Sal 27,9; 42,3; 44,25; 77,2-3; 105,4). Non a caso, l’invocazione o la preghiera di poter vedere il volto di Adonai è uno dei motivi che attraversa tutte le pagine bibliche. 

Dall’altro, però, la Bibbia ci ricorda non solo che colui che “[…] vede Dio muore” (Es 33,20), ma che “Dio, nessuno l’ha mai visto” (Gv 1,18; 1Gv 4,12). Persino Mosè, del quale la Scrittura riporta che Adonai “[…] parlava […] faccia a faccia, come un uomo parla al suo amico” (Es 33,11), non beneficia del dono di vedere il volto di Dio. Infatti, la sua richiesta (Es 33,18) non viene esaudita: sul Sinai, Mosè vede soltanto le spalle di Adonai, ma non il suo volto (Es 33,23).

Appare chiaro quindi che, nell’economia della Storia della Salvezza depositata nelle Scritture dell’Israele biblico, Dio ha sì, un volto, ma lo cela all’umana visione. In breve, le pagine bibliche ci ricordano costantemente due tratti salienti di Adonai: il suo volto non si mostra, ma parla. Il volto di Adonai è sorgente di una parola che si indirizza all’uomo con l’intenzione di rivelarsi, di entrare in relazione, e di farsi conoscere (vedi l’esperienza dell’Israele biblico brevemente descritta dalle parole di Mosè in Dt 4,12). In secondo luogo, il volto di Adonai non lo si vede, ma lo si esperisce. A questo riguardo, malgrado la testimonianza dell’Israele biblico sia estremamente ricca e poliedrica, converge intorno a due dimensioni. Si tratta, infatti, di un volto che soffre-con (compassione) e che si pone al fianco di coloro il cui cuore versa in miseria (misericordia) – vedi per esempio Es 3,7; 34,7; 1Re 22,17; Sal 144,8; Mt 14,14; 15,32; Lc 7,13.

Con il Nuovo Testamento l’umano esistere è ora segnato da una novità: Gesù di Nazareth viene compreso essere colui che esaudisce l’umano anelito di vedere il volto di Dio. Nell’esperienza dei primi Cristiani, il Dio invisibile diviene visibile – incluso il suo volto – in Gesù di Nazareth. L’invisibile volto di Dio si umanizza nel figlio di Maria di Nazareth. E l’evangelista Giovanni ci ricorda questa inaudita novità proprio all’inizio del suo Evangelo, quando scrive: «Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato» (Gv 1,18).

Seguendo l’implicita logica giovannea, si può affermare che vedere il volto di Gesù di Nazareth è vedere il volto di Adonai, del Padre. E sebbene con parsimonia (Trasfigurazione, salita a Gerusalemme e Passione (Mt 17,2; 26,39.67; Mc 14,65; Lc 9,29.51.53), quando i quattro Evangeli menzionano il volto di Gesù, lo pongono sempre in relazione alla sua identità, ministero e missione. Si tratta di un volto che pronuncia, con fermezza, compassione e misericordia. 

Nel piccolo villaggio francese di La Salette, il gioco e il rinvio di volti continua. La Bella Signora parla faccia a faccia con Massimino e Melania. Come il volto visibile del Figlio rimanda al volto invisibile del Padre, così a La Salette, il volto della madre rinvia al volto del Figlio. Come il Figlio, il volto della madre, bagnato dalle delicate lacrime, pronuncia, con risolutezza, compassione e misericordia: «Avvicinatevi figli miei, non abbiate paura».

Il volto Filiale di Dio…

«Se il mio popolo non vuole sottomettersi,

sono costretta a lasciare libero il braccio di mio Figlio»

Il punto di partenza di tutto è il  primordiale che Maria dà al portatore del messaggio divino, l’Angelo Gabriele. Da allora, Maria si mette a disposizione di Dio come argilla in mano al vasaio. Ma più che argilla, Maria partecipa consapevolmente a questa missione nella sua condizione di “piena di grazia”. Per Maria il proprio Dio si mette nel cammino dell’incontro con l’uomo, contrariamente alla figura del figlio minore del vangelo che pentito ritorna imbarazzato alla casa paterna. Andare all’Incontro dell’uomo, cioè, venire al nostro incontro è proprio il carattere identificante dell’atto di Dio, attraverso le mediazioni. I profeti compirono con zelo la missione di rendere Dio presente all’interno della comunità umana. A questo punto, la Madonna, nelle sue apparizioni, non fa altro che compartecipare alla grandezza del cuore divino che, a tutti i costi, chiama l’uomo a scoprire il sentimento di Dio che è lieto di avere uomini con sé. 

La Salette rispecchia, in grande, il volto di Dio. Non tanto quanto montagna, anche se molti dei grandi eventi salvifici vissuti dal nostro Signore Gesù Cristo hanno molto a che fare con le montagne. Il messaggio di La Salette solleva in noi la decisione di tornare all’amicizia spesso spezzata a causa della mentalità dell’uomo contemporaneo che è orgoglioso di un cristianesimo vuoto di Cristo e del suo vangelo.

A La Salette, Maria si fa portavoce di un bellissimo messaggio incentrato sul Vangelo. Cioè, la Bella Signora non si proclama, prima di assumere come sue le parole che le sue labbra trasmettono. Basta guardare questo passaggio: «Se il mio popolo non vuole sottomettersi, sono costretta a lasciare libero il braccio di mio Figlio. Esso è così forte e così pesante che non posso più sostenerlo. Da quanto tempo soffro per voi! Se voglio che mio figlio non vi abbandoni, sono incaricata di pregarlo incessantemente e voi non ci fate caso. Per quanto pregherete e farete, mai potrete compensare la pena che mi sono presa per voi».

Tuttavia, è un intero messaggio pieno di tenerezza divina; è un messaggio trasmesso da una persona in grado di comunicare con gli esseri umani, come è successo ai presenti alle nozze di Cana, “fate tutto ciò che vi dirà” (cfr. Gv 2,5). È bello sapere che nel messaggio della Signora in lacrime sia troppo chiaro il volto di Dio che “persegue” amorevolmente le sue creature create a “sua immagine e somiglianza” (Gen 1,26). 

Più che aiutarci a contemplare il volto di Dio, il messaggio ci dà l’opportunità di guardare la madre di Gesù, sempre presente nella vita della Chiesa quale volto materno di Dio, perché «ci fa sentire sempre meglio la tenerezza del Signore». Infatti, d´accordo con Isaia, 49.15, Dio proclama che il suo amore per il suo popolo è materno ed è più grande di quello di qualsiasi madre per il suo bambino; dall’altra, questa categoria si adatta ai bisogni dei tempi attuali in cui Maria risponde rivelando il volto materno di Dio. È la volontà assoluta di Dio di inviare Maria nella storia umana come messaggera di preghiera, conversione e spiritualità: «Le mariofanie conoscono un’escalation in questo richiamo, perché in esse la Vergine passa dalle parole al pianto e probabilmente al sanguinamento. È un grido della Madre che assume i toni della profezia e dell’apocalittica per fermare i passi dissennati di tanta parte del mondo e per mostrare in lei il volto misericordioso del Dio amore» (S. De Fiores, «Apparizioni», in Maria. Nuovissimo Dizionario, EDB, Bologna 2008, I, 59.). 

Il volto Materno di Dio…

Durante la prima tappa Maria nasconde il Suo viso dietro le mani, in un gesto che cela il pianto. Durante l’apparizione il volto della Bella Signora è appena visibile a Melania e totalmente impercettibile a Massimino a causa della forte luce che emanava dal viso di Maria. Parlando coi bambini, Ella piange sempre ed è molto triste. Questa afflizione si impadronisce di tutti e due testimoni che ascoltano le Sue parole.

La Madre del Signore che appare a La Salette, rappresenta il Cielo, la nostra ultima destinazione. È afflitta dal fatto che noi abbandoniamo Dio e non accettiamo quello che il Suo Figlio, Gesù, ha fatto per noi. Si addolora anche per il fatto che noi non accettiamo, come invece ha fatto Lei, la grazia di Dio che può far diventare anche noi persone, per le quali «l’Onnipotente ha fatto grandi cose».

A La Salette Maria ci ricorda che il fatto che Ella stia in anima e corpo nel Cielo è anche frutto della grande misericordia di Dio nei confronti dell’uomo. Ella, Immacolata nella Sua Concezione, ha sperimentato in anticipo la misericordia, perché in virtù della grazia è stata preservata dal peccato originale, mantenendo dentro di Sé il riflesso divino nella santità, della quale non è stata privata fin dalla sua concezione.

Noi, invece, possiamo di nuovo ricevere questo riflesso divino anche in virtù della grazia che abbiamo ricevuto. Di nuovo, perché ce ne hanno privato Adamo ed Eva per la loro disobbedienza. A questo punto vale la pena ricordare che ognuno di noi riceve sempre la pienezza della grazia, necessaria per poter, in obbedienza a Dio, beneficiare della libertà di non peccare e mantenere la propria anima immacolata fino al giudizio di Dio.

Maria è per ciascuno di noi l’esempio di una piena corrispondenza alla grazia di Dio, a tal punto che può definirsi Ella stessa l’Immacolata Concezione. Ciò vuol dire che Ella ci ricorda la nostra destinazione, alla quale ciascuno di noi è stato chiamato. E se ognuno di noi fosse obbediente a Dio e non sprecasse alcuna grazia che Dio generosamente e abbondantemente ci dona, sarebbe come Lei, come Maria, senza peccato, perché abitato dalla grazia.

La tristezza di Maria è, allora, la tristezza di Dio, perché vengono ignorati i suoi appelli, affinché l’uomo scelga Dio e la Sua volontà in modo libero e sincero, e in questo modo la condizione dell’uomo va peggiorando. È così perché l’uomo non va alla sorgente delle grazie, cioè a Gesù Eucaristia, ma preferisce sempre l’acqua dalle cisterne screpolate delle proprie forze e delle proprie brame.

Il Volto della Madonna è quello di una rappresentante della Famiglia di Dio, alla quale ciascuno di noi è invitato come fratello e sorella in Gesù. Nonostante questo grande onore, che noi tutti riceviamo scegliendo Dio, non ci comportiamo come membri di questa Famiglia Divina, ma come pecore nere rifiutiamo la nobiltà celeste e la dignità, vivendo lontano da Dio.

Flavio Gilio, MS

Eusébio Kangupe, MS

Karol Porczak, MS

Pubblicato in MISSIONE (IT)
Lunedì, 26 Ottobre 2020 17:07

Nuovo Consiglio Provinciale in Brasile

Siamo lieti di annunciarvi il nuovo Consiglio Provinciale della Provincia di Immacolata Concezione (Brasile). Il Capitolo Provinciale a Curitiba eletto il 28 ottobre 2020:

P. Leonir Nunes dos Santos, superiore provinciale (al centro)

P. Marcos Antonio Pereira de Queiroz, vicario provinciale (a sinistra)

P. Marcos Antonio Dias de Almeida, consigliere provinciale (a destra)

Preghiamo per il loro ministero al servizio della Provincia Italiana e per l’intera Congregazione.

Pubblicato in INFO (IT)
Giovedì, 08 Ottobre 2020 18:56

La Salette e il cammino di Emmaus

La Salette e il cammino di Emmaus

Settembre 2020

Una pedagogia della prossimità, della vicinanza, dell’empatia…

Luca scrive intorno all’anno 85 per la comunità greca dell’Asia Minore, che viveva in circostanze difficili, a motivo di fattori sia interni che esterni. 

Internamente, esistevano tensioni che rendevano difficile la vita della comunità: ex Farisei che volevano imporre la legge di Mosè (At 15,1); altri che volevano seguire maggiormente l’esempio di Giovanni Battista e che non avevano sentito parlare dello Spirito Santo (At 19,1-6); altri ancora che si definivano seguaci di Pietro, o di Paolo, o di Apollo, o di Cristo (1Cor 1,12). Esternamente la persecuzione dell’Impero Romano si stava intensificando, e la sua ideologia continuava ad esercitare un’influenza sempre più forte e penetrante. 

In questo contesto, Luca scrive con un duplice intento. Da un lato, scrive per guidare e incoraggiare il cammino di fede dei suoi destinatari; dall’altro per edificare uomini e donne ad essere non solo discepoli del Risorto, ma anche missionari, o come direbbe San Paolo, ambasciatori del Risorto (cfr. 2Cor 5,20). Similmente, la Bella Signora di La Salette, attraverso le parole indirizzate a Massimino e Melania, mira a guidare, incoraggiare ed edificare missionari, o ambasciatori, del Figlio.

Emmaus. Una narrazione che guida, incoraggia ed edifica la nostra fede; un episodio che si svela essere metafora della nostra esistenza. Non a caso, la metafora del cammino è, per la Bibbia, la metafora preferita dell’umano, esistere e peregrinare. Emmaus parla a e di ciascuno di noi. Inoltre, Emmaus illumina La Salette. Il Figlio risorto, echeggia la Madre, in questo caso la Bella Signora di La Salette.

Come Maria a La Salette, il Risorto si rivela essere per i due discepoli tanto interprete, quanto educatore e maestro. Volgendosi ai testi sacri, Gesù aiuta i due discepoli di Emmaus a interpretare e intus-legere“teologicamente” gli ultimi eventi accaduti a Gerusalemme. Similmente, La Bella Signora di La Salette ci invita a interpretare le vicende umane come ricettacolo del divino.

Come Maria a La Salette, lungo la via di Emmaus il Risorto si rivela educatore e maestro. Come la Madre, il Figlio, attraverso due semplici domande (Lc 24,17.19), si fa promotore di una “cultura dell’incontro”. Il Risorto, infatti, è capace di raggiungere Clèopa e l’altro discepolo lì dove si trovano: nella loro delusione, scoraggiamento, rassegnazione (cfr. Lc 24,17). 

Nel caso dell’apparizione a La Salette, La Bella Signora non esita, delicatamente, a cambiare registro, passando dal francese al dialetto locale, il patois. Entrambi, il Figlio e la Madre, sanno creare prossimità, vicinanza, empatia.

Come Maria a La Salette, il Risorto modula il ritmo del suo cammino su quello dei due discepoli. Il Risorto è paziente, come La Bella Signora di La Salette con Massimino e Melania. Significativamente Luca puntualizza che “[…] cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui” (Lc 24,27). In altre parole, il Risorto accompagna i due discepoli perché possano essere in grado di interiorizzare e personalizzare una storia che li coinvolge direttamente, una storia che non passa mai.

Come Maria a La Salette, il Risorto incontra i discepoli affinché i discepoli possano incontrare il Risorto di Nazareth. L’accompagnamento sfocia nel riconoscimento. L’accompagnamento di Gesù li trasforma. Quei medesimi occhi che all’inizio erano incapaci di riconoscere il Risorto (Lc 24,16), si aprono, e lo riconoscono allo spezzare del pane (Lc 24,31). E una volta appreso a riconoscere il Risorto, Gesù scompare. Ora che i discepoli lo sanno vedere, Gesù sparisce dalla loro vista.

Il cammino Gerusalemme-Emmaus-Gerusalemme è un cammino di liberazione e guarigione. Dalla cecità alla vista. La presenza del Risorto sana perché libera. Ma dobbiamo saperlo riconoscere lungo il cammino del nostro umano peregrinare.

Allo stesso tempo, l’episodio lucano è anche una sorta di Magna Carta per tutti coloro che si riconoscono essere discepoli-missionari del Risorto. Infatti, contemplando la pedagogia del Risorto possiamo evincere alcuni tratti salienti che caratterizzano la nuova evangelizzazione. Lo stesso dicasi in riferimento alla Bella Signora di La Salette: le sue parole e gesti, come le parole e i gesti del Figlio, ci ispirano, guidano e aiutano a vivere questo pellegrinaggio terreno come fecondi operai della nuova evangelizzazione.

Una pedagogia della Parola: dalle lacrime alla gioia…

«Non ardeva forse in noi il nostro cuore

mentre egli conversava con noi lungo la via,

quando ci spiegava le Scritture?»(Lc 24,32)

Il nostro filo conduttore è il viaggio dei due discepoli di Emmaus (Lc 24,13-33), nonché l’irruzione di Maria Santissima nella vita di Massimino e Melania sulla montagna di La Salette. Un messaggio di gioia arriva dalle Alpi, nonostante le sue terrificanti verità. Come con i due discepoli di Emmaus, i due veggenti provano una gioia profonda dopo aver incontrato la Bella Signora. Appare nella sua testimonianza: “Dopo (che Lei è scomparsa) siamo rimasti molto contenti e ci siamo presi di nuovo cura delle nostre mucche”.

La gioia dei discepoli di Emmaus ha origine nell’attento ascolto della parola dell’illustre ignoto. Successivamente, la gioia prende il sopravvento sulle loro vite, lasciano l’inerzia e corrono per condividere con gli altri la gioia di cui erano pieni; da semplici ricevitori, diventano anche trasmettitori, smettono di essere solo ascoltatori per iniziare il gesto dell’annuncio del Risorto, cioè per portare l’uomo in comunione con il Divino Maestro.

Ecco, a sua volta, uno dei contenuti forti che si possono vedere nelle parole della Bella Signora in lacrime: “Se il mio popolo non vuole sottomettersi… se si convertono”. Tutto ha senso nel sottomettersi alla parola. Questa è la gioia profonda che Maria prova quando dice di sì all’annuncio dell’Angelo. Il Magnificat è esattamente questo nel mostrare il cuore di qualcuno che si è sottomesso alla Parola.

Come a Emmaus, dall’esperienza di La Salette nasce una spiritualità, cioè un modo corretto di seguire Gesù Cristo, sotto la guida del risveglio del ruolo di Maria nell’economia della salvezza, poiché dalla prima ora ci chiede di essere obbedienti a suo Figlio (fai quello che ti dice).

Qual è la caratteristica della spiritualità di La Salette-Emmaus? A partire dalla descrizione dell’evangelista Luca (Lc 24,13-35) e dal contenuto del Messaggio di La Salette, troviamo in parallelo alcuni elementi che possono far parte di questa spiritualità: camminare verso l’altro; avvicinare l’altro alla maniera del risorto; illuminare la vita con la parola di Dio; entrare nel cuore che si apre; condividere; ripassare la vita alla luce della fede; essere discepolo di Cristo è essere missionario.

Una pedagogia che conduce al Cielo…

L’Apparizione di Maria è avvenuta in tre tappe: la prima in posizione seduta con il volto nascosto tra le mani; la seconda in piedi, parlando con i bambini; e la terza, specialmente all’ultima fase, quando la Bella Signora saliva per il tortuoso sentiero verso la vetta della collina e comunicava le ultime parole.

Maria non suggerisce ai bambini in alcun modo, come dovranno comportarsi dopo che Lei se ne sarebbe andata. Non dice loro di andare in una frazione del villaggio La Salette. Né chiede a loro di andare dal parroco della parrocchia di La Salette, ne raccomanda loro di raccontare dell’incontro con Lei al vescovo della diocesi di Grenoble. No. Maria sale solamente sul colle, e i bambini La seguono da vicino. Le parole: «Fatelo sapere a tutto il mio popolo» – pronunciate due volte al termine dell’incontro con Melania e Massimino – non solo significano la trasmissione del Messaggio agli altri, ma sollecitano anche a imitare il Suo esempio, a vedere la strada «in salita», percorsa da Lei, con l’atteggiamento di chi è profondamente persuaso nel cuore e nell’anima di avere una dignità e identità di erede e abitante del Cielo.

Sulla terra c’è un solo obiettivo da raggiungere, quando verrà la fine del mondo: il Cielo. Maria a La Salette, salendo e guardando finalmente al Cielo, ci indica questo obiettivo del nostro pellegrinaggio terreno. La strada non solo è in salita, ma è anche tortuosa – così come la vita sulla terra dopo il peccato originale. Ma c’è con noi il Suo Figlio, Gesù Cristo, che si prodigherà per spiegarci e chiarirci questa vita alla luce nuova del Vangelo, con le Sue parole e con l’evento della Sua Morte e Risurrezione.

Seguiamo, quindi, Colei che sale durante l’Apparizione a La Salette sul colle – con la croce di Gesù Cristo sul petto – e poi sollevata in alto si dissolve nell’aria, convinti che la grazia ci sarà sempre data dal Suo Figlio. Egli ha tutti i mezzi per conseguire la nostra salvezza nel Cielo. Pronunciamo queste parole incessantemente e consapevolmente durante ogni Eucaristia celebrata sulla terra, quando ci rivolgiamo a Gesù Cristo: «[…]nell’attesa della tua [seconda] venuta», affinché nel Giorno del Giudizio, durante la Parusia, siamo giustificati da Lui per la vita eterna.

I veri cristiani non si fermano mai sulla strada che percorrono nel tempo della vita terrena. Essi salgono sempre al Cielo. Incessantemente.

Flavio Gilio, MS

Eusébio Kangupe, MS

Karol Porczak, MS

Pubblicato in MISSIONE (IT)
Giovedì, 01 Ottobre 2020 16:41

La Salette: dalla paura alla fiducia

La Salette: dalla paura alla fiducia

Novembre 2020

Non abbiate paura…

Nulla dell’umano esodare è escluso dalla Bibbia. Incluse le tematiche del timore e della fiducia. Paura e fiducia: parole-chiave che determinano la differenza tra il semplice “esistere” e “vivere pienamente”. Di questo pare essere consapevole la Bibbia, che registra più di 365 istanze riguardanti l’invito a non temere.

Le Sacre Scritture, riconoscono due tipi di timore. Uno fortifica, ed è quello che la Bibbia chiama il “timore di Adonai”, principio di sapienza (cfr. Prov 1,7). Il secondo è uno spirito di paura, che consuma, attanaglia, paralizza e debilita. Tutti l’abbiamo sperimentato, almeno una volta. Possiamo fare scelte sbagliate perché maturate nella paura; oppure preferiamo, intenzionalmente, non scegliere perché bloccati dalla paura dell’ignoto, dell’incertezza, del fallimento, di ciò che gli altri possono pensare di noi, ecc. Sì, questo tipo di timore è paralizzante. E la maggior parte di noi desidera “non temere” per poter vivere realmente e non solo esistere, per essere liberi di amare e di essere amati (cfr. 1Gv 4,18). 

Nella vita del credente, paura e fiducia, coesistono. Quello che è rilevante è la domanda: a che cosa diamo maggiormente ascolto? Che cosa ispira e orienta il nostro vivere? Paura o fiducia? È interessante notare, a questo riguardo, che persino i nostri Padri e le nostre Madri nella fede hanno sperimentato sia la paura che la sfiducia, malgrado siano stati scelti da Dio e disposti a seguire la voce dell’Eterno. Si vedano, per esempio, le figure di Abramo, Isacco, Giacobbe, il grande legislatore Mosè, il re biblico per eccellenza, Davide (Sal 56,10-11), Sara, Ruth, Rachele, Miriam la sorella di Mosè, Pietro, o i Dodici Apostoli…

Persino Giuseppe (Mt 1,20) e Maria di Nazareth esperiscono il sentimento del timore. Subito dopo le parole dell’angelo Gabriele, l’evangelista Luca riporta che Maria “fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo” (Lc 1,29). Sì: da un lato i protagonisti maggiori della Storia della Salvezza sono assaliti dal timore, ma dall’altro lato, sanno dare fiducia alle Parole dell’Eterno. 

Qualcosa di simile si può dire di Massimino e Melania a La Salette. Quando Melania, all’improvviso, scorge un globo di luce proprio lì dove precedentemente avevano depositato i loro tascapane, chiama, agitata e incuriosita, Massimino. Entrambi sono colti da timore: Melania lascia cadere il suo bastone e Massimino cerca di riprenderlo, nel caso fosse necessario difendersi da quella luce misteriosa. La paura lascia spazio alla fiducia quando, dopo aver scorto all’interno del globo di luce la figura di una “Bella Signora”, seduta con i gomiti poggiati sulle ginocchia, il viso nascosto tra le mani e singhiozzante, odono le seguenti parole: “Avvicinatevi, figli miei, non abbiate paura, sono qui per annunciarvi un grande messaggio”.

La dinamica inziale di questo incontro ricalca la dinamica dei numerosi incontri con l’Eterno registrati dalla Bibbia. Sovente si tratta di incontri che, inizialmente, generano timore in colui che li esperisce. Ma con il timore iniziale vi è sempre una parola divina, capace di instillare fiducia e aprire ad orizzonti insperati. Gesù di Nazareth, per esempio, guarisce la paura di Pietro non solo incoraggiandolo a “non temere”, ma anche conferendogli una missione: «D’ora in poi sarai pescatore di uomini» (Lc 5,10). Similmente, a La Salette, la “Bella Signora” non solo invita i due bambini a “non temere” e ad avvicinarsi a Lei per esperire un incontro, ma, una volta liberati dal timore iniziale e guadagnata la loro fiducia, conferisce loro una missione.

Tanto il Figlio che la Madre, esattamente come il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe e di Gesù di Nazareth non esigono, da noi, una fede scevra di paure. Il Dio dei nostri Padri nella fede, il Figlio e la “Bella Signora di La Salette” hanno fede in noi, prima che noi crediamo in loro. Credono in noi, con le nostre paure e le nostre capacità. Ci danno fiducia. Desiderano stringere un’alleanza con noi. E quando diveniamo consapevoli di questo, veniamo guariti dalle nostre paure, perché iniziamo a fidarci dello Spirito che è in noi (cfr. Mt 10,19-20). Siamo trasformati. E la fiducia nello Spirito e la trasformazione aprono a sorprendenti orizzonti, perché ci consentono di aprirci alla voce dell’Eterno che ci conferisce una missione.

La fiducia – una espressione d’amore e di fede…

«Avvicinatevi, figli miei,non abbiate paura,

sono qui per annunciarvi un grande messaggio»

L’evento di La Salette si apre con questo veemente appello a due Pastorelli. La Sacra Scrittura è piena delle due parole (paura e fiducia) nella densità del suo contenuto. Potremmo dire che è un libro che ci invita a vedere in Dio quell’amico che trova piacere nel camminare con l’uomo nelle più svariate situazioni della sua vita. 

Maria a La Salette fa proprie le parole con cui Dio si indirizzava al popolo o individualmente ai profeti: “Non abbiate timore… non abbia paura”. “Non temere, perché sono con te; non lanciare sguardi disperati perché io sono il tuo Dio” (Is 41,10); Gesù disse nel Nuovo Testamento: «Non aver paura, allora; vali più di molti uccelli» (Mt 10,31).

Da qui il segreto per superare la paura è la fiducia totale e completa in Dio. I due pastorelli si sono mossi verso l’interno per fare un passo avanti e mettersi a disposizione della Signora che ha portato loro un bel messaggio.

Quando la paura ci prende, perdiamo tutta la fiducia e la sicurezza che abbiamo. La paura ci rende disperati, e dove c’è la disperazione, Dio non è presente! Poiché la disperazione allontana la presenza di Dio, la disperazione è una mancanza di fiducia nel Signore, la disperazione è una mancanza di fede.

La paura che ci attanaglia toglie la nostra fede e la nostra fiducia nell’unico vero Dio; la paura ci rende deboli e malati. Proprio come ieri con i Suoi discepoli, Gesù ci guarda e assume attraverso sua Madre le sue parole eterne: «Coraggio, sono io! Non avere paura!» Dietro la voce della Madonna c’è l’eterna Parola di Dio, perché Maria ci ricorda il nostro dovere di fare ciò che suo Figlio ci raccomanda.

La costante “non temere” attira la nostra attenzione sul nostro impegno a riporre la nostra fiducia e fede nel Signore, come scrive il salmista: «In Dio ripongo la mia fiducia e non avrò paura; cosa può farmi l’uomo?» (Sal 56,12). 

Superata dal “potente” Covid19, la paura è diventata la parola d’ordine nel mondo di oggi. 
È in questo momento che le parole di Maria a La Salette ci invitano a fidarci, a “non aver paura” perché il Signore continua a guidare i destini di questo mondo. Ambasciatrice del progetto salvifico di Dio, la Madre di Dio condivide con noi l’esperienza della fiducia in Dio che le è stata trasmessa dall’angelo al tempo dell’Annunciazione.

Maria modello di fiducia…

Maria ben conosce il sentimento della paura. Quando l’Arcangelo Gabriele Le era apparso, Ella era come terrorizzata. Il Messaggero Divino l’ha calmata con l’invocazione: «Non temere!». Solo dopo segue il dialogo del rappresentante del Cielo con la più degna rappresentante dell’umanità nel più importante avvenimento del mondo, cioè nell’Incarnazione del Figlio di Dio.

A La Salette i ruoli si invertono: ora è Maria la messaggera divina che parla con i più semplici rappresentanti del genere umano – con i bambini che si sentono spaventati per aver sperimentato qualcosa di straordinario. La Bella Signora capisce perfettamente la paura di Massimino e di Melania, anche se essi, vedendo una donna piangente, nel suo aspetto esteriore simile ad altre donne di quella regione, si sentono acquietati a tal punto che non fuggono terrorizzati.

Nel comportamento di Maria si rivela il rispetto alla sensibilità umana verso le cose soprannaturali che richiedono un aiuto particolare per abituarsi ad esse. Una volta, prima che siamo caduti nella condizione del peccato e della morte, questa era la nostra caratteristica naturale. Adamo ed Eva, e solo loro tra tutto il genere umano, vivevano in una naturale, amichevole confidenza con Dio, finché non mangiarono il frutto proibito dall’albero della conoscenza del bene e del male. Prima loro, e in seguito tutti noi, abbiamo perduto quello stupendo stato di amicizia con Dio, libera da ogni paura, fino alla prima venuta del Salvatore al mondo. Solo in Gesù Cristo siamo capaci di stare faccia a faccia davanti a Dio, anche se nascosto dietro le sembianze del Figlio di Maria e di Giuseppe di Nazareth, e dopo la Sua Ascensione al Cielo sotto le specie del Pane e del Vino, e non moriamo di paura. Ma succede così solo perché ci sostiene la grazia del Salvatore, meritata sulla Croce e sigillata dalla Risurrezione. In Lui non c’è più nessuna paura di morte, non c’è nessun terrore di fronte alla Maestà Divina, ma c’è il grande timore, basato sulla convinzione che Dio ci ama, indipendentemente da chi siamo noi e da quanto possediamo.

Maria è stata la prima, assieme a San Giuseppe, a vedere il Dio Incarnato, si abituava alla Sua ordinarietà terrena e contemplava la Maestà Divina, nascosta dietro le sembianze della natura umana del Suo Figlio, Gesù. E in questo spirito parla ai bambini a La Salette: «Avvicinatevi, non abbiate paura!». Dice così, perché nella fede nella comunione dei santi noi tutti siamo uniti: gli uni al di qua, sulla Terra, ancora in pellegrinaggio al Cielo, gli altri ormai al di là, nel Cielo, aspettando la risurrezione del corpo.

Fidiamoci di Dio, sperando per l’intercessione di Maria di La Salette che Egli ci conceda la grazia di poter ricevere l’amore di Dio nel vero timore, basato non sulla paura, ma sulla lode di Dio, per la sua grande misericordia nei nostri confronti.

Flavio Gilio, MS

Eusébio Kangupe, MS

Karol Porczak, MS

Pubblicato in INFO (IT)
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