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Sinodalità: un cammino di vita e di missione ecclesiale

Giugno 2021

Seguire Cristo per diventare apostolo

La parola italiana sinodo deriva da una parola composta greca. Letteralmente, deriva dal Greco “syn” che significa “insieme” e “hodos” che significa “via”, “strada”, “sentiero”, quindi viaggiare insieme, camminare insieme.

Quando guardiamo a come si svolge e si sviluppa il ministero di Gesù, questa dimensione di “sinodalità” è molto presente. E non solo perché lungo la strada il carisma di Gesù, incarnato in ciò che ha insegnato e fatto, ha attratto a lui molte persone, ma anche perché lo stesso Gesù non ha vissuto da solo la sua chiamata e missione.

Durante il suo ministero pubblico, Gesù non si dedica solo a compiere la missione che il Padre gli ha affidato; lo si vede anche impegnato nella formazione di una comunità di seguaci che avrebbe poi continuato la sua stessa missione, una volta asceso al Padre.

L’importanza di questa dimensione nel ministero di Gesù è testimoniata dal fatto che una delle prime cose che Gesù fa all’inizio del suo ministero pubblico è chiamare i suoi primi discepoli (vedi ad esempio Mt 4,18–22, Mc 3,16–19 e Lc 5,1–11). La chiamata dei discepoli è uno dei momenti chiave del ministero di Gesù.

Inoltre, il Vangelo di Marco ci fa anche conoscere il triplice obiettivo della scelta di Gesù di chiamare alcuni a seguirlo stabilmente. Nel capitolo 3, ai versetti 14 e 15, Marco scrive: «Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli –, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni».

Ciò che è bello notare è il processo di crescita e trasformazione che i primi seguaci di Gesù sperimentarono mentre camminavano “con” e “dietro” il loro Maestro di Nazareth. Una tale crescita è molto chiara dal modo in cui i Vangeli si riferiscono a quelli che siamo abituati a chiamare i “Dodici Apostoli”. In effetti, all’inizio, sono identificati semplicemente con i loro nomi (Mt 4,18.21; Mc 3,16–19), o con le loro professioni (Mt 4,18.21), o con i loro legami familiari (Mt 4,18.21; Mc 3,17–18). Ad un certo punto, dopo aver trascorso un tempo sufficiente con Gesù, i Vangeli si riferiscono a loro come discepoli. Infine, al momento della “Grande Commissione”, sono anche designati come Apostoli.

Oltre a predicare la Buona Novella del Regno di Dio, Gesù si preoccupò anche di formare coloro che avrebbero poi continuato la sua opera di evangelizzazione. Da quanto possiamo attestare dai Vangeli, Gesù non ha considerato la missione che il Padre gli aveva affidato un tesoro “personale” o un privilegio. Al contrario, ha condiviso la sua visione e la sua esperienza del Padre con coloro che sarebbero stati responsabili della vita della primissima Chiesa. Il modo in cui Gesù ha condotto il suo ministero ha dato inizio a una sorta di “effetto domino”: uomini comuni sono chiamati a seguirlo e diventano discepoli e, infine, il discepolato sotto la cura di Gesù li trasforma in apostoli che faranno altri discepoli.

Questa dinamica è anche ben attestata nel Libro degli Atti degli Apostoli e in alcune lettere di San Paolo. Due eventi del Libro degli Atti degli Apostoli possono ben illustrare questa “sinodalità” della Chiesa primitiva. Il primo è At 6,1–7 e il secondo At 15. In Atti 6, per far fronte a un bisogno concreto di prendersi cura delle vedove trascurate nella distribuzione del cibo, i dodici riuniscono tutti i discepoli con il proposito di scegliere sette uomini tra loro noti per essere pieni di Spirito Santo e sapienza. Una volta formulata la proposta, il testo dice che piacque “a tutto il gruppo”.

Il secondo passo che illustra questa sinodalità della Chiesa primitiva è At 15, noto anche come Concilio di Gerusalemme. Il testo ci fa sapere che per risolvere la questione sull’eventuale circoncisione dei Gentili, Paolo e Barnaba sono inviati a Gerusalemme per incontrare gli Apostoli e gli Anziani (At 15,2).

Il fatto che Maria, a La Salette, poco prima di scomparire, abbia affidato a Massimino e a Melania la missione di far conoscere il suo messaggio a tutto il suo popolo, riflette questa dinamica. Ai piedi della Bella Signora di La Salette, Massimino e Melania diventano suoi discepoli. Una volta scomparsa, iniziano ad essere “missionari-discepoli”. Maria li include e li lascia prendere parte alla missione del Figlio. Inizia, così un nuovo effetto domino che alla fine avrebbe portato alla nascita e alla crescita dei Missionari di Nostra Signora de La Salette. E noi siamo parte di questo effetto domino!

Preghiera rende possibile il camminare insieme

“Ecco tua madre” (Gv 19,27) è stato l’ultimo desiderio di Gesù mentre giaceva sull’albero della croce. In queste parole Gesù implica che sua madre dovrà essere presa in considerazione nella comunità che si riunirà in suo nome, cioè la Chiesa. Fin dai primi momenti dell’emergere della Chiesa, infatti, la presenza di Maria è stata più che nota nel suo ruolo di prima discepola, che si è riservata la missione di aprire il tesoro del suo cuore per condividere le intenzioni più profonde del suo Figlio.

I discepoli, insieme a Maria, “avevano un solo cuore e una sola anima” (At 4,32) e insieme hanno percorso la vita di Gesù come unica via che conduce al Padre. Infatti, nella vita e nella missione la sinodalità è quella di avere Gesù come via, per camminare insieme su questa strada e per sentire insieme le implicazioni della missione della Chiesa nel mondo.

Quando nel suo messaggio la bella Signora chiede ai due veggenti se le loro preghiere sono ben fatte, questa domanda è rivolta a tutti nell’oggi della nostra storia perché la nostra identità cristiana è legata al tronco che è Cristo, il divino Maestro che ha lasciato questa pratica come luogo e momento privilegiato per la sua presenza. La Chiesa in duemila anni ha sempre considerato la preghiera come il grande tesoro delle grazie, l’incontro della creatura con il suo Creatore segnato nell’intimità dei cuori. Per questo motivo, più che un semplice richiamo, il messaggio di La Salette è una scuola aperta per noi per rivedere i nostri obblighi e doveri come amati figli di Dio. 

A La Salette Maria non viene con altre novità in temi di messaggio perché con la Madre di Dio l’antica verità diventa nuova e nel contesto dell’apparizione c’è l’invito ad ascoltare il messaggio del suo Figlio, cioè l’invito veemente che porta il cambiamento della vita. Quindi si può dire che il discorso della Bella Signora è ispirato dal Vangelo. 

Sinodalità come cammino è sempre stato presente da quando la prima comunità ecclesiale riceve da Cristo risorto la missione di annunciare la Buona Novella ad essere predicata a tutti i confini della terra. Al centro della sua predicazione c’era e ci sarà per sempre il kérygma, cioè l’annuncio di Gesù morto e risorto per la vita del mondo. Senza illusioni, Paolo ci lascia ben impresso il nostro dovere di predicare Gesù Cristo crocifisso. 

Infatti, non si può concepire la Chiesa senza la centralità della croce. Dai pionieri dell’evangelizzazione apprendiamo che la croce è la glorificazione di Dio e del Figlio di Dio; è la vittoria su Satana e su tutti i poteri del mondo; è la prova della forza di Dio nella debolezza del brivido; crea pace tra Dio e gli uomini e nuova unità tra i popoli. 

Il fatto che la luminosità della croce portata da Maria abbia attirato fortemente l’attenzione di Massimino e Melania significa che la fedeltà a Cristo crocifisso deve essere per noi ogni giorno un compito. 

Strettamente legato alla Croce è il centro di tutta la vita cristiana, l’Eucaristia. Nutre il cammino sinodale della Chiesa. Senza di essa non saremo nulla in questo mondo incerto.

In questo cammino missionario è preponderante l’azione dello Spirito, poiché è lui che sostiene la sinodalità della Chiesa e manifesta tra i fedeli, come sottolinea giustamente il Lumen Gentium, il dono di pari dignità dei battezzati, cioè la vocazione universale alla santità; la partecipazione di tutti i fedeli all’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Gesù Cristo; la ricchezza di doni gerarchici e carismatici; la vita e la missione di ogni Chiesa locale.

Come famiglia salettina, e seguendo le orme dei primi missionari de La Salette, sentiamo la sinodalità nella misura in cui prendiamo insieme il carisma della riconciliazione.

Maria via di incontro, di ascolto e di preghiera…

Radunati nel Cenacolo, gli apostoli, Maria e i discepoli si trovavano insieme, pregando. Nelle loro parole e nei loro pensieri dominavano sicuramente gli straordinari eventi degli ultimi giorni che riguardavano Gesù. La sua vita, la passione, la crocifissione e la morte suscitavano tristezza e commozione. Ma le sue apparizioni dopo la morte, come Signore Risorto, suscitavano speranza e consolazione. Quando scese lo Spirito Santo, la loro identità fu cambiata: diventarono una Chiesa, alla quale Cristo affidò l’evangelizzazione di tutto il mondo. La Madre del Signore fu presente con loro a Gerusalemme, e poi rimase legata alla Chiesa fino alla sua Assunzione al Cielo, tra l’altro ad Efeso, e dopo l’Assunzione restò accanto al Figlio e intercedette per noi dal Cielo.

A La Salette dimostra la sua cura per la Chiesa, e approfittando del ruolo della Regina del Cielo, richiama, tramite i ragazzi, ai valori che costituiscono la Chiesa.

Prima di tutto sottolinea il ruolo dell’Eucaristia. Essa viene trascurata dalla maggior parte degli uomini e disattesa come luogo dell’incontro ravvicinato con Dio. Partecipano ad essa solo le vecchiette, invece gli uomini lavorano la domenica, non distinguendola dagli altri giorni della settimana. Fino alla fine del mondo non ci sarà una migliore possibilità di incontrare il Signore, se non ricevendo il Suo Corpo e Sangue tra le preghiere e i ringraziamenti. Il nostro atteggiamento, invece, mostra che cerchiamo qualcos’altro e non ci aspettiamo niente da Dio, immersi come siamo nei problemi di questo mondo.

Inoltre, Maria chiede ai veggenti, come essi pregano. La loro sincera risposta, cioè che non se la cavano molto a pregare, spinge Maria a raccomandargli che la preghiera è necessaria, in particolare la mattina e la sera. La preghiera alla mattina esprime la speranza di vivere il nuovo giorno secondo Dio. Quella serale è un’occasione per rivedere la giornata passata, alla luce dei comandamenti. Conoscendoci bene, Maria richiede almeno due orazioni: un Padre nostro e un’Ave Maria. La prima ci è stata insegnata da Gesù, su richiesta dei discepoli, l’altra ci ricorda l’annunzio che l’Arcangelo Gabriele fece a Maria, rivelando la sua elezione ad essere Madre del Figlio di Dio. Per ogni uomo esse costituiscono il minimo assoluto di quello che ci viene chiesto di sapere riguardo ai modelli di preghiera.

Un’altra cosa ricordata dalla Bella Signora, sono i fatti della vita quotidiana che confermano il legame indissolubile che esiste tra il nostro comportamento e la condizione del nostro ambiente: i raccolti guastati, la fame, le malattie, la morte dei bambini, la penitenza senza fuga e la sofferenza. Tutto questo richiede un riferimento a Dio, il che mantiene questo mondo in esistenza. Noi – sono le parole di Maria – non ci facciamo caso. Ella ci ammonisce, esprimendo così la sua cura per noi, affinché noi non incolpiamo Dio per i danni e le sofferenze nel mondo, ma noi stessi. Siamo stati noi ad attivare la corruzione del mondo, e solo da noi dipende quale sarà il mondo nel futuro.

Alla fine Maria mostra come Dio è consapevole di tutto ciò che turba i nostri pensieri e cuori, e ricorda a Massimino un fatto personale legato a suo padre, che egli aveva già dimenticato. Dio è sempre presente accanto a noi, niente sfugge alla sua attenzione e nessuno Gli è indifferente.

Questi fatti indicano che Maria ben conosce la situazione nel mondo e, tramite i testimoni della Sua apparizione, condivide questa conoscenza ed esperienza con tutto il suo popolo. Non nasconde perfino il fatto che sia triste a causa di noi e che il Suo Figlio non vuole più tollerare tutto questo. Gesù vuole agire, ma il Suo agire può essere per noi troppo difficile da capire, per cui Maria ci avverte. Non dobbiamo sottovalutare quello che Ella dice. Giustamente dice San Paolo: «Non fatevi illusioni: Dio non si lascia ingannare. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato. Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna» (Gal 6,7–8). In questo contesto la pandemia Covid-19 può essere considerata un mezzo meno doloroso e fastidioso, con cui Dio vuole farci rivolgere a Lui, perché il Suo braccio pesante avrebbe potuto usare un mezzo ben più importuno.

Flavio Gillio MS

Eusébio Kangupe MS

Karol Porczak MS

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