La Salette e il cammino di Emmaus

La Salette e il cammino di Emmaus

Settembre 2020

Una pedagogia della prossimità, della vicinanza, dell’empatia…

Luca scrive intorno all’anno 85 per la comunità greca dell’Asia Minore, che viveva in circostanze difficili, a motivo di fattori sia interni che esterni. 

Internamente, esistevano tensioni che rendevano difficile la vita della comunità: ex Farisei che volevano imporre la legge di Mosè (At 15,1); altri che volevano seguire maggiormente l’esempio di Giovanni Battista e che non avevano sentito parlare dello Spirito Santo (At 19,1-6); altri ancora che si definivano seguaci di Pietro, o di Paolo, o di Apollo, o di Cristo (1Cor 1,12). Esternamente la persecuzione dell’Impero Romano si stava intensificando, e la sua ideologia continuava ad esercitare un’influenza sempre più forte e penetrante. 

In questo contesto, Luca scrive con un duplice intento. Da un lato, scrive per guidare e incoraggiare il cammino di fede dei suoi destinatari; dall’altro per edificare uomini e donne ad essere non solo discepoli del Risorto, ma anche missionari, o come direbbe San Paolo, ambasciatori del Risorto (cfr. 2Cor 5,20). Similmente, la Bella Signora di La Salette, attraverso le parole indirizzate a Massimino e Melania, mira a guidare, incoraggiare ed edificare missionari, o ambasciatori, del Figlio.

Emmaus. Una narrazione che guida, incoraggia ed edifica la nostra fede; un episodio che si svela essere metafora della nostra esistenza. Non a caso, la metafora del cammino è, per la Bibbia, la metafora preferita dell’umano, esistere e peregrinare. Emmaus parla a e di ciascuno di noi. Inoltre, Emmaus illumina La Salette. Il Figlio risorto, echeggia la Madre, in questo caso la Bella Signora di La Salette.

Come Maria a La Salette, il Risorto si rivela essere per i due discepoli tanto interprete, quanto educatore e maestro. Volgendosi ai testi sacri, Gesù aiuta i due discepoli di Emmaus a interpretare e intus-legere“teologicamente” gli ultimi eventi accaduti a Gerusalemme. Similmente, La Bella Signora di La Salette ci invita a interpretare le vicende umane come ricettacolo del divino.

Come Maria a La Salette, lungo la via di Emmaus il Risorto si rivela educatore e maestro. Come la Madre, il Figlio, attraverso due semplici domande (Lc 24,17.19), si fa promotore di una “cultura dell’incontro”. Il Risorto, infatti, è capace di raggiungere Clèopa e l’altro discepolo lì dove si trovano: nella loro delusione, scoraggiamento, rassegnazione (cfr. Lc 24,17). 

Nel caso dell’apparizione a La Salette, La Bella Signora non esita, delicatamente, a cambiare registro, passando dal francese al dialetto locale, il patois. Entrambi, il Figlio e la Madre, sanno creare prossimità, vicinanza, empatia.

Come Maria a La Salette, il Risorto modula il ritmo del suo cammino su quello dei due discepoli. Il Risorto è paziente, come La Bella Signora di La Salette con Massimino e Melania. Significativamente Luca puntualizza che “[…] cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui” (Lc 24,27). In altre parole, il Risorto accompagna i due discepoli perché possano essere in grado di interiorizzare e personalizzare una storia che li coinvolge direttamente, una storia che non passa mai.

Come Maria a La Salette, il Risorto incontra i discepoli affinché i discepoli possano incontrare il Risorto di Nazareth. L’accompagnamento sfocia nel riconoscimento. L’accompagnamento di Gesù li trasforma. Quei medesimi occhi che all’inizio erano incapaci di riconoscere il Risorto (Lc 24,16), si aprono, e lo riconoscono allo spezzare del pane (Lc 24,31). E una volta appreso a riconoscere il Risorto, Gesù scompare. Ora che i discepoli lo sanno vedere, Gesù sparisce dalla loro vista.

Il cammino Gerusalemme-Emmaus-Gerusalemme è un cammino di liberazione e guarigione. Dalla cecità alla vista. La presenza del Risorto sana perché libera. Ma dobbiamo saperlo riconoscere lungo il cammino del nostro umano peregrinare.

Allo stesso tempo, l’episodio lucano è anche una sorta di Magna Carta per tutti coloro che si riconoscono essere discepoli-missionari del Risorto. Infatti, contemplando la pedagogia del Risorto possiamo evincere alcuni tratti salienti che caratterizzano la nuova evangelizzazione. Lo stesso dicasi in riferimento alla Bella Signora di La Salette: le sue parole e gesti, come le parole e i gesti del Figlio, ci ispirano, guidano e aiutano a vivere questo pellegrinaggio terreno come fecondi operai della nuova evangelizzazione.

Una pedagogia della Parola: dalle lacrime alla gioia…

«Non ardeva forse in noi il nostro cuore

mentre egli conversava con noi lungo la via,

quando ci spiegava le Scritture?»(Lc 24,32)

Il nostro filo conduttore è il viaggio dei due discepoli di Emmaus (Lc 24,13-33), nonché l’irruzione di Maria Santissima nella vita di Massimino e Melania sulla montagna di La Salette. Un messaggio di gioia arriva dalle Alpi, nonostante le sue terrificanti verità. Come con i due discepoli di Emmaus, i due veggenti provano una gioia profonda dopo aver incontrato la Bella Signora. Appare nella sua testimonianza: “Dopo (che Lei è scomparsa) siamo rimasti molto contenti e ci siamo presi di nuovo cura delle nostre mucche”.

La gioia dei discepoli di Emmaus ha origine nell’attento ascolto della parola dell’illustre ignoto. Successivamente, la gioia prende il sopravvento sulle loro vite, lasciano l’inerzia e corrono per condividere con gli altri la gioia di cui erano pieni; da semplici ricevitori, diventano anche trasmettitori, smettono di essere solo ascoltatori per iniziare il gesto dell’annuncio del Risorto, cioè per portare l’uomo in comunione con il Divino Maestro.

Ecco, a sua volta, uno dei contenuti forti che si possono vedere nelle parole della Bella Signora in lacrime: “Se il mio popolo non vuole sottomettersi… se si convertono”. Tutto ha senso nel sottomettersi alla parola. Questa è la gioia profonda che Maria prova quando dice di sì all’annuncio dell’Angelo. Il Magnificat è esattamente questo nel mostrare il cuore di qualcuno che si è sottomesso alla Parola.

Come a Emmaus, dall’esperienza di La Salette nasce una spiritualità, cioè un modo corretto di seguire Gesù Cristo, sotto la guida del risveglio del ruolo di Maria nell’economia della salvezza, poiché dalla prima ora ci chiede di essere obbedienti a suo Figlio (fai quello che ti dice).

Qual è la caratteristica della spiritualità di La Salette-Emmaus? A partire dalla descrizione dell’evangelista Luca (Lc 24,13-35) e dal contenuto del Messaggio di La Salette, troviamo in parallelo alcuni elementi che possono far parte di questa spiritualità: camminare verso l’altro; avvicinare l’altro alla maniera del risorto; illuminare la vita con la parola di Dio; entrare nel cuore che si apre; condividere; ripassare la vita alla luce della fede; essere discepolo di Cristo è essere missionario.

Una pedagogia che conduce al Cielo…

L’Apparizione di Maria è avvenuta in tre tappe: la prima in posizione seduta con il volto nascosto tra le mani; la seconda in piedi, parlando con i bambini; e la terza, specialmente all’ultima fase, quando la Bella Signora saliva per il tortuoso sentiero verso la vetta della collina e comunicava le ultime parole.

Maria non suggerisce ai bambini in alcun modo, come dovranno comportarsi dopo che Lei se ne sarebbe andata. Non dice loro di andare in una frazione del villaggio La Salette. Né chiede a loro di andare dal parroco della parrocchia di La Salette, ne raccomanda loro di raccontare dell’incontro con Lei al vescovo della diocesi di Grenoble. No. Maria sale solamente sul colle, e i bambini La seguono da vicino. Le parole: «Fatelo sapere a tutto il mio popolo» – pronunciate due volte al termine dell’incontro con Melania e Massimino – non solo significano la trasmissione del Messaggio agli altri, ma sollecitano anche a imitare il Suo esempio, a vedere la strada «in salita», percorsa da Lei, con l’atteggiamento di chi è profondamente persuaso nel cuore e nell’anima di avere una dignità e identità di erede e abitante del Cielo.

Sulla terra c’è un solo obiettivo da raggiungere, quando verrà la fine del mondo: il Cielo. Maria a La Salette, salendo e guardando finalmente al Cielo, ci indica questo obiettivo del nostro pellegrinaggio terreno. La strada non solo è in salita, ma è anche tortuosa – così come la vita sulla terra dopo il peccato originale. Ma c’è con noi il Suo Figlio, Gesù Cristo, che si prodigherà per spiegarci e chiarirci questa vita alla luce nuova del Vangelo, con le Sue parole e con l’evento della Sua Morte e Risurrezione.

Seguiamo, quindi, Colei che sale durante l’Apparizione a La Salette sul colle – con la croce di Gesù Cristo sul petto – e poi sollevata in alto si dissolve nell’aria, convinti che la grazia ci sarà sempre data dal Suo Figlio. Egli ha tutti i mezzi per conseguire la nostra salvezza nel Cielo. Pronunciamo queste parole incessantemente e consapevolmente durante ogni Eucaristia celebrata sulla terra, quando ci rivolgiamo a Gesù Cristo: «[…]nell’attesa della tua [seconda] venuta», affinché nel Giorno del Giudizio, durante la Parusia, siamo giustificati da Lui per la vita eterna.

I veri cristiani non si fermano mai sulla strada che percorrono nel tempo della vita terrena. Essi salgono sempre al Cielo. Incessantemente.

Flavio Gilio, MS

Eusébio Kangupe, MS

Karol Porczak, MS

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