Il braccio del Figlio…
sono costretta a lasciare andare il braccio di mio figlio, che è così forte e così pesante che non posso più sostenerlo.
Questa frase, pronunciata da Maria a La Salette, è ritenuta una delle più difficili; essa ha significato solo se inquadrata nel clima di riconciliazione e di speranza che caratterizza tutto il Messaggio.
Da sempre gli uomini hanno attribuito a Dio forma antropomorfa e sentimenti umani: nella Bibbia, poi, “il braccio di Dio” è il simbolo della sua potenza e della sua giustizia. “Il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi” (Dt 26,8).
Quando il popolo di Israele tradisce l’Alleanza Dio lo punisce (cfr Is 1, 16-20) per ricondurlo sulla retta via, per ristabilire l’ordine e l’osservanza del patto. Si comporta come un genitore che è costretto, suo malgrado, ma proprio perché ama il figlio, a correggerlo.
Inquadrato nell’amore di Dio dobbiamo pensare che tutto ciò che ci accade è esclusivamente per il nostro bene.
Mosè ci presenta un “Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e fedeltà… che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato” (Es 34, 6-7). Ne consegue che Dio ha un solo sentimento: l’amore, anzi “Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui” (Gv 4, 16).
La Vergine Maria, come è nello stile del Messaggio sembra riproporci l’episodio dell’A.T., quando nella battaglia di Refidìm, Amalèk sfidò Israele (cfr Es 17, 11-12). Sono i nostri peccati che pesano sul braccio crocifisso di Gesù.
Se i soldati romani glielo avessero permesso, Maria, sotto la croce, sarebbe andata a sorreggere il braccio di Gesù non solo come una madre coraggiosa che partecipa alla sofferenza del figlio ma soprattutto condividendone la sua missione redentrice.
La Vergine ci ricorda il potere enorme che hanno la preghiera e la fede. “In verità io vi dico: se avrete fede pari ad un granello di senape…” (cfr Mt 17, 20-21).
E’ bello pensare che insieme alla Madonna possiamo esserci anche noi, con le nostre preghiere e le nostre opere, guidate dai “dieci comandamenti”, a sostenere il braccio misterioso di Gesù e pregare con la certezza di essere ascoltati da un Padre amorevole. “A te che ascolti ogni preghiera, viene ogni mortale. Pesano su di noi le nostre colpe ma tu perdoni i nostri delitti” (Sal 65, 3). Così come possiamo pensare che fossero preghiere i sassi posti sotto le braccia di Mosè.
A La Salette Maria ci chiede di pregare con lei, di aiutarla: chiede la nostra miseria e la nostra pochezza perché… non ce la fa più! Quanta tenerezza in quest’espressione! E’ la Vergine che chiede aiuto, non perché ha bisogno di noi ma perché vuole coinvolgerci nella riconciliazione universale.
Questa richiesta è talmente sconcertante che ci deve fare rabbrividire al pensiero di quanto poco preghiamo per la nostra conversione e per quella di tutti gli uomini.
Maria vede i nostri bisogni e le nostre difficoltà e come ha fatto a Cana intercede per noi, ma anche a noi dice: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gio 2,4) Maria ha avuto fiducia in quei servi e loro hanno obbedito. Ma noi come rispondiamo?
Dio ha fiducia nell’uomo che è la realizzazione del suo disegno d’amore e vuole che nessuno si perda. Mette però delle regole e dei paletti ben precisi: le “dieci parole” e le beatitudini, ancorati nella giustizia e nella amorevole misericordia di Dio.
Dicevamo all’inizio del Figlio di Dio giudice: ed è dogma di fede. Infatti nel Credo recitiamo: “E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine”. Gesù, quindi, è giudice e darà ad ognuno la sua sentenza finale.
Nella nostra limitata logica umana non possiamo comprendere come due realtà, giustizia e misericordia, possano coesistere. Ci rincuora però Giovanni dicendoci: “nell’amore non c’è timore, l’amore perfetto caccia il timore, perché il timore presuppone un castigo e chi teme non è perfetto nell’amore” (1Gv 4,18).